In un contesto di crescenti disuguaglianze territoriali e demografiche, la Conferenza Episcopale Italiana (CEI) ha pubblicato una “Lettera aperta al Governo e al Parlamento” intitolata Aree interne: Uno sguardo diverso. Il documento, datato 26 agosto 2025 e redatto a conclusione dell’annuale convegno dei Vescovi delle Aree interne tenutosi a Benevento, è stato inizialmente sottoscritto da 139 tra Cardinali, Arcivescovi, Vescovi e Abati, con la possibilità di ulteriori adesioni. Tra i firmatari il Cardinale Matteo Zuppi, Presidente della CEI, e l’Arcivescovo Felice Accrocca di Benevento. Il testo, che è stato inviato all’Intergruppo Parlamentare “Sviluppo Sud, Isole e Aree Fragili”, rappresenta un forte richiamo alla responsabilità politica per contrastare lo spopolamento e l’abbandono delle cosiddette aree interne, quelle periferie rurali e montane che costituiscono una vasta porzione del territorio nazionale.
Il contenuto della Lettera: critica al Piano Strategico e proposte per un cambiamento
La lettera parte da una dura critica al Piano Strategico Nazionale delle Aree Interne (PSNAI 2021-2027), recentemente aggiornato, che i vescovi interpretano come una resa di fronte al declino demografico. Citando dati ISTAT che prevedono un destino segnato per questi territori, il documento denuncia l’Obiettivo 4 del Piano, intitolato “Accompagnamento in un percorso di spopolamento irreversibile”, come un invito a un “suicidio assistito” o a una “morte felice” per comunità già fragili. I vescovi sottolineano come questa visione, basata su una struttura demografica compromessa e scarsa attrattività, ignori le resistenze virtuose e il senso di comunità ancora presenti sul territorio.
Come pastori di queste realtà, i firmatari rifiutano la rassegnazione, invocando il ruolo profetico della Chiesa – con un richiamo al profeta Ezechiele (“Figlio dell’uomo, ti ho posto come sentinella per la casa d’Israele”) – e ricordando iniziative passate, come il documento del 2019 della Metropolia beneventana (Mezzanotte del Mezzogiorno?) e il coordinamento nazionale Caritas per le aree interne. La CEI evidenzia il contributo ecclesiale concreto, attraverso fondi dell’8xmille per servizi sanitari di comunità, taxi sociali e promozione dell’occupazione locale.
Le proposte avanzate mirano a invertire la narrazione: passare da un approccio quantitativo (basato su distanze centro-periferia) a uno qualitativo, valorizzando storie, cultura e identità locali. Tra le misure concrete: incentivi economici e fiscali per il “controesodo”, promozione dello smart working e co-working, innovazione agricola, turismo sostenibile, recupero di borghi abbandonati, estensione della banda larga, telemedicina e co-housing. I vescovi avvertono che abbandonare questi territori non solo tradirebbe la Nazione, ma aumenterebbe rischi ambientali e la perdita del patrimonio artistico-culturale italiano, un “museo a cielo aperto”. Il documento si conclude con un’offerta di dialogo sereno e costruttivo con Governo e Parlamento.
Il commento di Connect-Italia: insieme contro l’abbandono
Questa lettera della CEI non emerge isolata, ma si inserisce in un dibattito più ampio, eco di critiche già espresse da altre realtà civili e associative. Particolarmente rilevante è la comunanza di osservazioni con il dossier critico pubblicato da Connect-Italia il 30 luglio 2025, intitolato “Aree interne: dossier critico di Connect-Italia sul nuovo Piano Strategico Nazionale delle Aree Interne (PSNAI 2021–2027).
Connect-Italia, un’associazione impegnata nella promozione della coesione territoriale e dello sviluppo sostenibile, ha approvato all’unanimità il suo documento il 21 luglio 2025, focalizzandosi sulle principali criticità del PSNAI.
Entrambi i testi condividono una profonda opposizione all’idea di un declino irreversibile: mentre la CEI parla di “suicidio assistito”, Connect-Italia definisce il controverso passaggio del Piano come “un’inaccettabile cesura rispetto ai principi fondativi della Repubblica”, facendo riferimento all’Articolo 3 della Costituzione italiana (rimozione degli ostacoli alla libertà e uguaglianza) e ai valori di coesione sanciti a livello europeo. Entrambi citano dati ISTAT sul calo demografico – con oltre 4.000 comuni in costante diminuzione e perdite del 10-30% nelle aree montane tra 2001 e 2021 – per sottolineare come il Piano rischi di non contrastare adeguatamente questo trend. E il documento Cei sottolinea che è necessario “generare un ripopolamento delle idee ancor prima di quello demografico”.
Le proposte convergono su un cambio di paradigma: la CEI enfatizza una narrazione qualitativa e pastorale, promuovendo la “restanza” (la scelta di rimanere nei luoghi natii) attraverso incentivi per giovani e famiglie, mentre Connect-Italia propone una “garanzia di presenza” con diritti minimi a servizi essenziali, incubatori rurali, borse di ritorno, lo sviluppo di una tecnologia avveniristica (almeno per l’Europa) come l’Economia a Bassa Quota e processi di co-design civico.
Entrambe le organizzazioni chiamano a un ripensamento politico che guarda con speranza al futuro, valorizzando risorse locali e comunità, e invocano un dibattito plurale: Connect-Italia sollecita il ritiro o la riscrittura del paragrafo criticato, come chiesto anche da alcune regioni.
“La lettera aperta dei vescovi – afferma Gianni Bottalico, presidente di Connect-Italia -suggerisce un comune sentire emergente nel Paese, con la Chiesa che arricchisce di una dimensione etica e spirituale specifica un’istanza costituzionale e civile, rafforzando la richiesta alle istituzioni per politiche di rigenerazione attiva di territori che da svantaggiati possono e devono diventare reciprocamente complementari alle altre aree del Paese”.
Verso una nuova visione delle aree interne
La lettera della CEI rappresenta un intervento autorevole e capillare – grazie alla presenza ecclesiale nei territori – in un dibattito cruciale per il futuro dell’Italia, dove le aree interne coprono oltre il 60% del suolo nazionale ma rischiano l’emarginazione.
In un Paese segnato da divari crescenti, queste diverse sollecitazioni potrebbero spingere a un ripensamento del PSNAI, favorendo partecipazione, innovazione e coesione per evitare che le periferie, territoriali e sociali, cessino di essere “terre dimenticate”.