Leadership e responsabilità: oltre il comando, per generare trasformazione

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Leadership e responsabilità: oltre il comando, per generare trasformazione

di Gianni Bottalico

In un tempo in cui la fiducia nelle istituzioni si assottiglia, le comunità si frammentano e il lavoro rischia di ridursi a mera esecuzione, parlare di leadership non è solo necessario: è urgente.

L’articolo di Simone Cerlini, pubblicato su Vita.it (leggi l’articolo completo qui), ci pone alcune riflessioni essenziali. Con chiarezza, contrappone due modelli che oggi attraversano il mondo del lavoro, del Terzo Settore e delle istituzioni: da una parte le leadership opportunistiche, fondate sul controllo, sulla separazione tra strategia e operatività e sulla tendenza a deresponsabilizzare i livelli intermedi; dall’altra le leadership partecipate, capaci di generare autonomia, corresponsabilità e trasformazione.

Questa distinzione non è solo analitica, ma profondamente politica. Riguarda il modo in cui le persone vivono il proprio ruolo nei luoghi di lavoro, nelle organizzazioni e nei territori. E chiama in causa la qualità delle scelte che orientano le forme di potere, l’azione collettiva e la costruzione del futuro.

Due modelli a confronto

Nel primo modello, quello opportunistico, la leadership si presenta come controllo e comando: si concentra nelle mani di pochi, separa la visione strategica dalla gestione quotidiana, e tende a scaricare sugli anelli più deboli le responsabilità operative. Si tratta di una leadership che teme l’autonomia e si protegge con la procedura, che gestisce anziché accompagnare, che organizza l’esistente ma fatica a trasformarlo.

Nel secondo modello, quello partecipato, la leadership è invece relazione e cura. Non si esercita dall’alto, ma si costruisce nel tempo, alimentando fiducia, ascolto, corresponsabilità. Qui il leader non ha come obiettivo il controllo, ma la generazione di contesti abilitanti, in cui il lavoro diventa esercizio di senso e il cambiamento è frutto di una intelligenza collettiva.

Le conseguenze di questi modelli sono visibili: nel primo prevalgono la sfiducia, la deresponsabilizzazione, la stagnazione. Nel secondo, si aprono spazi di innovazione, di crescita condivisa, di rigenerazione civica.

Il posizionamento di Connect Italia

Connect Italia si riconosce in modo netto nella leadership partecipata e generativa. Non per ideologia, ma per coerenza con la propria missione: costruire connessioni tra persone, istituzioni e territori per generare sviluppo sostenibile, giusto e comunitario.

In questo percorso, la leadership non è mai esibizione di forza, ma costruzione di fiducia. Non è appropriazione di potere, ma creazione di alleanze. Non è esercizio solitario, ma funzione collettiva. Lungo le esperienze maturate – dai percorsi di formazione civica alle reti con enti locali e Terzo Settore – Connect Italia ha scelto una postura: custodire i processi, più che guidarli dall’alto. Far emergere le energie dei territori, più che imporre visioni predefinite.

 Una sfida culturale e politica

Tuttavia, non va nascosto che oggi anche nei mondi che si richiamano all’innovazione sociale – Terzo Settore compreso – il rischio di una leadership opportunistica è reale. Troppo spesso si confonde l’efficienza con la verticalità, la governance con il controllo, il management con il comando.

È necessario invertire la rotta. Serve una generazione di leader capaci di visione, ma anche di rinuncia; capaci di parola, ma anche di ascolto; capaci di costruire, ma anche di farsi da parte. Una leadership che non cresca sulla delega cieca, ma sulla condivisione ragionata della responsabilità.

Questo richiede formazione, accompagnamento, cultura politica. Ma soprattutto richiede una scelta: non cercare il consenso facile, ma generare fiducia duratura.

Conclusione: abitare la responsabilità

In definitiva, la responsabilità non è un peso da scaricare, né un titolo da esibire. È un atto politico, che si compie ogni giorno quando si sceglie di stare dentro i processi, anche quando sono fragili. Quando si tiene il timone nei momenti difficili, ma lo si passa quando è giusto farlo. Quando si guida non per occupare, ma per abilitare altri a guidare.

Connect Italia intende continuare a muoversi in questa direzione. Perché crede che la vera leadership non sia quella che brilla da sola, ma quella che fa brillare una comunità.